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Gatti e bambini piccoli: giocare gattonando!

Prendi una gnometta di 9 mesi o giù di lì che ancora non sa gattonare. Prendi una gatta grassoccia e vecchiotta che non ha mai avuto cuccioli. Aggiungici due genitori-degeneri che lasciano che sia il loro animale domestico ad allevare la figlia (o almeno quando c’è qualcosa di interessante in tv) et voilà: la suddetta gnoma imparerà a gattonare divertendosi, la gatta soddisferà il suo desiderio di maternità perdendo pure qualche grammo e i due genitori-degeneri potranno godersi in santa pace un po’ di meritato relax.
Sono tante le cose che noi genitori possiamo insegnare ai nostri figli. La maggior parte, poi, possono essere spiegate loro avvalendosi di un prezioso alleato: il gioco. Quando il bebè ha pochi mesi però, ha ancora un concetto di intrattenimento difficile da comprendere per noi adulti. Chi può invece capire un bambino di 9 mesi (oltre a un altro bambino di 9 mesi)? Semplice: gli animali. Nel loro caso l’istinto non scompare crescendo, così come, in certe specie, anche la capacità di giocare. E quale animale meglio di un gatto può insegnare a un bebè a gatto-nare?


In casa nostra ci siamo suddivisi i ruoli: io insegno alla gnoma a parlare, Marito tenta di iniziarla ai piaceri della buona cucina mentre Gatta si occupa delle abilità motorie dell’infante. Non so chi dei tre abbia il compito più difficile, ma so con certezza chi si è assunto quello più faticoso: Gatta. Il povero felino, infatti, passa la sua giornata a farsi rincorrere da una gnoma infervorata con la bava alla bocca che, trascinandosi come può, segue l’amica pelosa dovunque si piazzi.

Inutile dire che la cosa è davvero esilarante. Gatta, paziente e quasi “materna”, attende che la piccoletta la raggiunga, lascia che quest’ultima allunghi la manina per afferrarla, la ammonisce con una “zampata morbida” (senza unghie) se la gnoma le strappa il pelo, si scosta dolcemente e si piazza qualche metro più in là, sfidandola con lo sguardo a raggiungerla di nuovo. La gnoma non si lascia scoraggiare e, sorriso stampato in faccia e guanciotte arrossate per lo sforzo e l’emozione, ricomincia a trascinarsi verso Gatta.
Grazie a questo tira e molla la pupa è passata in pochi giorni dalla fase tartaruga rivoltata (avete presente, no, la classica immagine della tartaruga appoggiata a terra di “schiena” che non può far altro che zampettare a vuoto disperata?) a quella del soldato che avanza trascinandosi con i gomiti. Ancora non gattona nel senso classico del termine, ma è già a buon punto. E tutto grazie a Gatta che, incredibile ma vero, l’ha letteralmente adottata e lascia che la gnoma le tiri orecchie, coda e pelliccia senza quasi battere ciglio (ha tentato di uccidermi per molto, molto meno).

L’unico intoppo di quello che sembra un meccanismo perfetto? La gnoma ha cominciato a chiamare la gatta “Mamma”. E vi dirò… se Gatta imparasse anche a cambiarle pannolini, potrei anche passarci sopra.

 
Articolo scritto con passione e simpatia dalla mamam degenere Simona Redana, ovvero www.unamammainpiu.it.